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La svolta concettuale

Gisella Meo nasce a Treviso nel 1936, studia all’Accademia di Belle Arti di Venezia dove conosce Tancredi con il quale ha una relazione che influenzerà in seguito il suo lavoro. Negli anni 60 vive in Africa e esordisce con lavori polimaterici e informali. Nel 1970 alla Galleria Numero di Fiamma Vigo, una svolta in ambito Concettuale sancita da dichiarazione di Poetica, dove la Meo trova nel “quadrato” il suo modulo perfetto. Subentra l’interesse per la FiberArt, le grandi installazioni e gli interventi di animazione urbana: Vestire una fontana (Frascati,1977), Il cilindro mobile (Gubbio,1979), Le onde del quadrato (Venezia, Canal Grande, 1980), La maglia umana (Reggia di Caserta,1982), Tombknitting (Cerveteri, necropoli etrusca, 1984-86), Imbragare una torre (Torre di Bagnaia, Viterbo, 2002, in occasione del primo anniversario dell’attacco alle Torri Gemelle). Altro filone a cui la Meo dedicherà particolare attenzione è il Libro Oggetto. Seguita e sostenuta da Mirella Bentivoglio, è presente nella storica mostra “Materializzazione del linguaggio” alla Biennale di Venezia del ‘78, con Leviatan. Con la Bentivoglio svilupperà un sodalizio che durerà tutta la vita e che darà come frutto opere a 4 mani come il libro Zero Seme del 1981. I suoi ‘libri-oggetto’ sono conservati nelle ‘Special Collections’ del Getty Center di Santa Monica (California), a Washington, nell’Archivio Icpa dell’Università di Oxford, del Mart di Trento e Rovereto, il Ma*ga di Gallarate, il Musinf di Senigallia e in collezioni pubbliche e private italiane e straniere. Ha esposto in Italia, Germania, Stati Uniti, Francia, Austria, Australia. Ha partecipato alla Biennale di Venezia (1978, 1985, 1995) e alla Biennale di San Paolo del Brasile (1981, 1994). Nel 2016 ha tenuto una ampia retrospettiva alla Galleria della Biblioteca Angelica di Roma.

A casa mia avevo 3 sedie

In corner ho visitato all’EXMA di Cagliari (chiude l’11 Ottobre 2020), la mostra personale di Maria Jole Serreli “A casa mia avevo tre sedie”, una mostra site specific curata da Simona Campus. Un interessante percorso che ricostruisce le stanze della casa-studio di Marrubiu (OR) che Serreli ha ereditato da una prozia e trasformato in luogo di sperimentazionee e dialogo artistico. Ho conosciuto Jole a Nuoro in occasione della sua personale al MancaSpazio curata da Chiara Manca e ho subito apprezzato il suo lavoro così familiare ma al tempo stesso raffinato. Un gioco di equilibri dove la memoria e la coscienza e del valore della tradizioni si mischiano con la necessità di aderire a nuovi linguaggi per costruire nuovi ricordi.

Biennale 1978

MATERIALIZZAZIONE DEL LINGUAGGIO

Nel 1971 Mirella Bentivoglio organizza l’Esposizione Internazionale di Operatrici Visuali al Centro Tool di Milano, prima mostra dedicata ad artiste visuali donne. Il suo lavoro sul tema è ufficializzato istituzionalmente nel 1978 con l’invito a curare la mostra Materializzazione del linguaggio alla Biennale di Venezia, mentre Giulio Carlo Argan la invita a redigere la voce “Poesia Visiva” per il Supplemento all’Enciclopedia Universale dell’Arte (Unedi, Fondazione Cini). La mostra veneziana sancisce il suo lavoro critico e diventa un elemento-cardine, oltre che un apripista a livello storico, delle esposizioni votate al mondo artistico femminile. Vi sono invitate 80 artiste operanti nel campo della poesia visuale e vengono esposte 154 opere tra poesie, illustrazioni e libri d’artista. Presenti in mostra: Katalin Ladik, Patrizia Vicinelli, Christina Kubisch, Varvara Fyodorovna Stepanova, Mirella Bentivoglio, Irma Blank, Chiara Diamantini, Maria Lai, Annalisa Alloatti, Tomaso Binga, Regina, Gisella Meo, Carla Vasio, Paula Claire, Sonia Delaunay, Betty Danon, Agnes Denes, Neide Dias de Sà, Lia Drei, Anna Esposito, Maria Ferrero Gussago, Ilse Garnier, Natalia Gončarova, Luisa Gardini, Elisabetta Gut, Ana Hatherly, Janina Kraupe, Pat Grimshaw, Micheline Hachette, Mira Schendel, Liliana Landi, Lucia Marcucci, Silvia Mejia, Anna Oberto, Rochella Cooper, Amelia Etlinger, Sylvie Fauconnier e altre artiste italiane e internazionali.

Spiega il catalogo: “Smaterializzata in passato nella sublimità astratta della sua pubblica immagine, parallela alla sua pubblica assenza; privatamente confinata nel contatto quotidiano e esclusivo con le materie, la donna oggi pone tutta sé stessa in un mondo derealizzato nei meccanismi ripetitivi. Le nuove forme di poesia sono la riappropriazione di ciò che lei, insieme con l’uomo, ha elaborato dalle sedi primarie dell’esistenza, il linguaggio”.

Con la curatela di circa trenta mostre al femminile nel mondo, Mirella Bentivoglio indaga tematiche specifiche sull’uso del linguaggio, come ad esempio il tema dell’utilizzo del filo nelle opere delle artiste. Presentata come evento collaterale alla Biennale di Venezia del 1978, la mostra ottiene una vasta risonanza internazionale e approda nel 1979 alla Columbia University di New York, dov’è presentata con il titolo From Page to Space.

Frammenti di Puglia

Sabato 11 luglio 2020 alle ore 18 presso il Museo Diocesano di Nardò “Mons. Aldo Garzia” si inaugura la mostra Harold Miller Null, Frammenti di puglia, a cura di Paolo Cortese e Rocco Marino.
Oggetto di questa mostra è un corpus di circa 40 foto di medio formato, scattate in Puglia e gran in parte inedite, che documentano l’interesse e l’amore del lavoro del fotografo americano per questa splendida regione.
Null vive tra Roma e l’Umbria dove trascorre gli ultimi anni della sua vita, ma frequenti sono i suoi viaggi in giro per l’Italia, in particolare nella Pianura Padana dove è attratto dall’atmosfera misteriosa del Po e in Puglia dove fotografa paesaggi intimistici della valle d’Itria, particolari architettonici delle cattedrali romaniche di Lecce, Troia, Trani, Barletta, Bitonto e Canosa.
La vocazione artistica di Null si esprime nell’elezione di un campo di ricerca poco consueto, forse più congeniale alla sensibilità e al gusto dei pittori minimalisti che a quello dei fotografi suoi contemporanei: il suo obiettivo non cerca panorami maestosi né scorci suggestivi, rifugge anzi da ogni aspetto di grandiosità, di imponenza o, comunque, di facile impatto e trascura spesso persino l’elemento umano.
Harald Miller Null è un fotografo americano nato a Filladelfia nel 1916 che, dagli anni ‘50 fino alla sua morte avvenuta nel 1996, ha vissuto principalmente in Italia.
Negli anni ’60 le sue prime mostre personali suscitano all’estero e in Italia un ampio consenso di pubblico e di critica.

“trasognante epicureismo naturalistico, amante di rare e delicate solitudini” (Riccardo Bacchelli).

“Fotografo contemplativo, statico, sempre elegante” la cui “musa non è epica, ma lirica” (Vittorio Sgarbi)

Le Parole che ho detto

Dal 7 al 17 Marzo 2020 Mancaspazio ospita una personale di Antonio Del Donno, curata da Chiara Manca e Paolo Cortese. Si tratta di una serie di lavori su carta, alcuni degli anni ’70, in gran parte inediti.

L’artista beneventino, legato alla Pop Art americana e al concettualismo italiano, realizza opere che offrono al vasto pubblico una serie di messaggi immediatamente leggibili, sintetici, quasi imperativi.

Nelle sue opere è sempre presente una propaganda contro il consumismo e la superficialità, attraverso le parole dei Vangeli, che prima prima in forma di libro in legno e poi su carta, caratterizzano la sua poetica dagli anni Settanta.

Del Donno non ha mai esposto in Sardegna, sembrava pertanto doveroso omaggiare anche nell’Isola un artista così significativo per il panorama artistico nazionale ed internazionale, le cui opere oggi sono esposte in permanente ad esempio, nella Sala Contemporanea dei Musei Vaticani, al Los Angeles Country Museum, al Museo Espanolo de Arte Contemporaneo di Madrid, alla Biblioteca Centrale Nazionale di Firenze, al Museum of Modern Art di New York e Oxford e alla Columbia University solo per citarne alcuni.

La mostra è stata realizzata in collaborazione con l’Archivio Antonio Del Donno e il suo Direttore Alberto Molinari, è curata da Chiara Manca e Paolo Cortese, il catalogo è stato realizzato da Sara Manca con fotografie di Nelly Dietzel e le traduzioni in inglese dei testi di Shahrazad Hassan. 

Artissima 2019

Three Approaches to Poetry

Mirella Bentivoglio, Amelia Etlinger ed Elisabetta Gut si collocano a pieno diritto nella corrente della Poesia Visiva, l’ultima avanguardia storica, sebbene all’interno di essa abbiano sviluppato poetiche proprie molto peculiari.

Amelia è colei che ha attaccato sul suo frigorifero un biglietto con su scritto “L’Arte è nemica della Poesia”. I suoi lavori di mail art più intensi sono frutto di un’ispirazione talmente intima e privata che il destinatario, per aprirli, non ha altra scelta che distruggerli.

Elisabetta invece è prima di tutto un’artista. Negli anni ’70 approda alla Poesia Visiva nella quale finalmente trova la possibilità di esprimere in totale libertà, tutti i sentimenti che le vengono suggeriti dall’ascolto di musica classica o jazz, dalla lettura di poesie ma anche dall’osservazione della natura. La padronanza del mezzo tecnico espressivo le permette di muoversi in maniera disinvolta, coniugando in modo impeccabile effetti di spinto lirismo e rigore formale.

All’opposto, l’approccio di Mirella è profondamente concettuale. Alla base del suo lavoro c’è una ricerca semiologica che la porta a lavorare su alcuni segni archetipici diventati poi negli anni i suoi tratti distintivi. A differenza di Gut ed Etlinger, nelle opere di Bentivoglio si percepisce una costante spinta verso la dimensione concreta e oggettuale quasi fino a voler riscrivere con la pietra il paradigma “verba volant”.

Tre modi, quindi, di fare poesia, intima, lirica e oggettuale, che ancora oggi le contraddistinguono destando stupore e ammirazione.

Paolo Cortese