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Un saluto a Bruno

Il 1 febbraio ci ha lasciati Bruno Conte, artista delicato e raffinato, ma al tempo stesso concreto, uomo di poche parole e di profonda umanità; di lui mi avevano colpito la discrezione, l’acutezza, la capacità di percepire e di mettere in luce aspetti non evidenti agli occhi di tutti. C’eravamo conosciuti nel 2006 tramite Mirella Bentivoglio e di lì a poco avevamo organizzato nella nostra galleria la mostra PAGINE IMMAGINE (M.Bentivoglio, B.Conte, E.Villa). In quell’occasione tenne, con Mirella, una spiegazione del suo lavoro e della Poesia Visiva, catturando il pubblico con la sua pacata eloquenza. Voglio ricordarlo qui con una sua poesia scritta negli anni ’60

Il mattino la schiuma del sapone sul mento
proponimenti per l’avvenire seguendo le pieghe della schiuma
poi la scrivania, il pranzo, il pomeriggio che è una fotografia del pomeriggio
la sera dinnanzi allo schermo luminoso
e tutto il guscio è ormai concluso.

La svolta concettuale

Gisella Meo nasce a Treviso nel 1936, studia all’Accademia di Belle Arti di Venezia dove conosce Tancredi con il quale ha una relazione che influenzerà in seguito il suo lavoro. Negli anni 60 vive in Africa e esordisce con lavori polimaterici e informali. Nel 1970 alla Galleria Numero di Fiamma Vigo, una svolta in ambito Concettuale sancita da dichiarazione di Poetica, dove la Meo trova nel “quadrato” il suo modulo perfetto. Subentra l’interesse per la FiberArt, le grandi installazioni e gli interventi di animazione urbana: Vestire una fontana (Frascati,1977), Il cilindro mobile (Gubbio,1979), Le onde del quadrato (Venezia, Canal Grande, 1980), La maglia umana (Reggia di Caserta,1982), Tombknitting (Cerveteri, necropoli etrusca, 1984-86), Imbragare una torre (Torre di Bagnaia, Viterbo, 2002, in occasione del primo anniversario dell’attacco alle Torri Gemelle). Altro filone a cui la Meo dedicherà particolare attenzione è il Libro Oggetto. Seguita e sostenuta da Mirella Bentivoglio, è presente nella storica mostra “Materializzazione del linguaggio” alla Biennale di Venezia del ‘78, con Leviatan. Con la Bentivoglio svilupperà un sodalizio che durerà tutta la vita e che darà come frutto opere a 4 mani come il libro Zero Seme del 1981. I suoi ‘libri-oggetto’ sono conservati nelle ‘Special Collections’ del Getty Center di Santa Monica (California), a Washington, nell’Archivio Icpa dell’Università di Oxford, del Mart di Trento e Rovereto, il Ma*ga di Gallarate, il Musinf di Senigallia e in collezioni pubbliche e private italiane e straniere. Ha esposto in Italia, Germania, Stati Uniti, Francia, Austria, Australia. Ha partecipato alla Biennale di Venezia (1978, 1985, 1995) e alla Biennale di San Paolo del Brasile (1981, 1994). Nel 2016 ha tenuto una ampia retrospettiva alla Galleria della Biblioteca Angelica di Roma.

Artissima 2019

Three Approaches to Poetry

Mirella Bentivoglio, Amelia Etlinger ed Elisabetta Gut si collocano a pieno diritto nella corrente della Poesia Visiva, l’ultima avanguardia storica, sebbene all’interno di essa abbiano sviluppato poetiche proprie molto peculiari.

Amelia è colei che ha attaccato sul suo frigorifero un biglietto con su scritto “L’Arte è nemica della Poesia”. I suoi lavori di mail art più intensi sono frutto di un’ispirazione talmente intima e privata che il destinatario, per aprirli, non ha altra scelta che distruggerli.

Elisabetta invece è prima di tutto un’artista. Negli anni ’70 approda alla Poesia Visiva nella quale finalmente trova la possibilità di esprimere in totale libertà, tutti i sentimenti che le vengono suggeriti dall’ascolto di musica classica o jazz, dalla lettura di poesie ma anche dall’osservazione della natura. La padronanza del mezzo tecnico espressivo le permette di muoversi in maniera disinvolta, coniugando in modo impeccabile effetti di spinto lirismo e rigore formale.

All’opposto, l’approccio di Mirella è profondamente concettuale. Alla base del suo lavoro c’è una ricerca semiologica che la porta a lavorare su alcuni segni archetipici diventati poi negli anni i suoi tratti distintivi. A differenza di Gut ed Etlinger, nelle opere di Bentivoglio si percepisce una costante spinta verso la dimensione concreta e oggettuale quasi fino a voler riscrivere con la pietra il paradigma “verba volant”.

Tre modi, quindi, di fare poesia, intima, lirica e oggettuale, che ancora oggi le contraddistinguono destando stupore e ammirazione.

Paolo Cortese