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Mirella Bentivoglio “L’altra faccia della luna”

MIRELLA BENTIVOGLIO. L’ALTRA FACCIA DELLA LUNA 8/3/2022- 10/5/2022

a cura di Davide Mariani e Paolo Cortese

Bussate (ai sogni) e vi sarà aperto…

(Mirella Bentivoglio)

La mostra “L’altra faccia della luna”, organizzata dall’Ambasciata d’Italia ad Atene, dall’Istituto Italiano di Cultura di Atene e dalla Galleria Gramma_Epsilon, in collaborazione con l’Archivio Mirella Bentivoglio, rappresenta la prima retrospettiva dedicata a Mirella Bentivoglio (Klagenfurt 1922 – Roma 2017) in Grecia e nasce con l’intento di rendere omaggio all’opera della grande artista italiana nell’anno del centenario della sua nascita.

Curata da Paolo Cortese e Davide Mariani e allestita nelle due sedi dell’Istituto Italiano di Cultura e della Galleria Gramma_Epsilon, la rassegna mette in luce la complessità e la profondità della sua poetica, attraverso l’esposizione di oltre cinquanta opere, foto, video e bozzetti che permettono di apprezzare i momenti più rilevanti della sua carriera artistica e curatoriale, stimolando riflessioni e dialoghi su argomenti oggi più che mai attuali.

Dalla poesia concreta alla poesia visiva.

La mostra ripercorre le tappe che hanno scandito l’itinerario artistico e biografico di Mirella Bentivoglio, a partire dalle sperimentazioni portate avanti tra gli anni Sessanta e Settanta, quando l’artista si muove dapprima nell’ambito della “poesia concreta”, in cui il senso è veicolato dalla forma della composizione di lettere e parole, come testimoniano i lavori Storia del monumento (realizzato con Annalisa Alloatti nel 1968), e Gabbia HO (1966-70)  e Successo (1969) e poi in quello della “poesia visiva”, caratterizzato dall’introduzione di slogan ed elementi della cultura pop, come il celeberrimo Ti amo (1970).

In diversi lavori di quegli stessi anni l’artista indaga molteplici aspetti della società, come il consumismo, a cui rivolge una critica diretta e sferzante, che si può rinvenire in opere quali Il consumatore consumato (1974) o Il cuore della consumatrice ubbidiente (1975), una acutissima interpretazione di uno dei loghi più emblematici del consumismo, quello della coca cola. «Notai che mettere specularmente le due ‘c’ unendole a formare un cuore – ed erano già pronte per la loro stessa forma a formare un cuore (io non ho cambiato nulla) –, l’ ‘oca’ veniva fuori da sé» afferma Bentivoglio in una delle sue ultime interviste in cui identifica nella “donna-oca” la principale alleata del consumismo.

La mostra documenta inoltre i principali interventi ambientali, realizzati sempre a partire dalla metà degli anni Settanta, come L’Ovo di Gubbio (1976), Poesia all’albero (1976), E=congiunzione: Scontro frontale, Incastro immobilizzante (1978-81), Una “E” di “E” (1979-1981), Operazione Orfeo (1982) e Libro campo (Agri-cultura, 1998). Si tratta di opere con una forte connotazione simbolica e identitaria capaci di creare inediti rapporti di senso con il paesaggio circostante.

I segni del femminile.

Tra le numerose questioni affrontate dall’artista, quelle di genere rivestono certamente un ruolo di primo piano, come si evince da diverse opere in mostra, tra cui DIVA/NO (1971), Lapide alla casalinga (1974), La cancellata (1977-98) o Il libro è una conchiglia (1993). In queste opere Bentivoglio intende affermare la possibilità, non scontata, di emancipazione della figura femminile, in quanto, come lei stessa ricorda: «c’era una abitudine a considerare la donna presente nel fenomeno estetico solo come casalinga; la scienziata veniva presa in considerazione, non l’artista».

Se nell’immaginario collettivo la donna era colei che tesseva e accudiva la famiglia, una sorta di angelo del focolare, per Bentivoglio questa concezione andava ribaltata, attraverso la rivendicazione di un nuovo ruolo nella società.

Emblematica, a tal proposito, è la scritta riportata nella raffigurazione di una t-shirt nell’opera Correzione (promozione linguistica del cucito, 1988) in cui si legge “niente/abbiate paura, sono una donna”.

HISTOIRE D’E part 2 “between language and object”

A Roma e ad Atene si svolge in contemporanea Histoire d’E, mostra curata da Paolo Cortese e Francesco Romano Petillo, che vuole rendere omaggio a Mirella Bentivoglio nel suo duplice ruolo di curatrice e artista..

Histoire d’E narra storie di donne, di amicizie, di legami e di separazioni. Racconta di come negli anni ‘70, le artiste donne abbiano iniziato a scrivere la loro storia indipendente; di come il totale disinteresse da parte del mercato permise loro di sperimentare in piena libertà.

Testimonia Francesca Cataldi: “La profonda ingiustizia che subivamo all’epoca si rivelò in realtà una grande opportunità e, da una prospettiva storica, fu la nostra fortuna”.

In Italia fu Mirella Bentivoglio ad accendere i riflettori su questa discriminazione generalizzata raccogliendo, in una rassegna curata per la Biennale di Venezia del 1978, oltre 80 artiste provenienti da tutto il mondo che lavoravano tra linguaggio e immagine.
Spiega Bentivoglio nel catalogo: “Smaterializzata in passato nella sublimità astratta della sua pubblica immagine, parallela alla sua pubblica assenza; privatamente confinata nel contatto quotidiano e esclusivo con le materie, la donna oggi pone tutta sé stessa in un mondo derealizzato nei meccanismi ripetitivi. Le nuove forme di poesia sono la riappropriazione di ciò che lei, insieme con l’uomo, ha elaborato dalle sedi primarie dell’esistenza, il linguaggio”.
“Materializzazione del linguaggio”, questo era il titolo della storica mostra del ‘78, non fu un caso isolato. Già dai primi anni ’70, e successivamente per oltre 30 anni, Mirella Bentivoglio curò esposizioni dedicate alle donne.

Historie d’E, titolo preso in prestito ad una sua mostra londinese del 1988, vuole, a oltre trent’anni di distanza, rendere omaggio a questa grande artista e curatrice italiana.
Il progetto è articolato in due mostre: la prima, “Between language and image”, presenta lavori di Poesia Concreta, di Poesia Visiva e documenta le sperimentazioni di visualizzazione del suono; la seconda invece, “Between language and object”, pone l’accento sulla ricerca e la sperimentazione tridimensionale, scultorea, raggiunta da queste donne attraverso un processo catartico di sdoganamento della dimensione domestica “che fu per molti secoli il loro regno e la loro prigione” (M. Bentivoglio)

ARTISTE: Mirella Bentivoglio, Francesca Cataldi, Nedda Guidi, Elisabetta Gut, Maria Lai, Rosanna Lancia, Gisella Meo, Patrizia Molinari, Renata Prunas, Anna Maria Sacconi, Alba Savoi, Maria Jole Serreli, Franca Coen Sonnino

ROMA: Spazio indipendente Lettera_E dal 10/12/2021  al 10/01/2022


ATENE: Gramma_Epsilon dal 30/11/2021 al 12/02/2022

Histoire d’E – part 1

Between language and image

A Roma e ad Atene si svolge in contemporanea Histoire d’E, mostra curata da Paolo Cortese e Francesco Romano Petillo, che vuole rendere omaggio a Mirella Bentivoglio nel suo duplice ruolo di curatrice e artista..

Histoire d’E narra storie di donne, di amicizie, di legami e di separazioni. Racconta di come negli anni ‘70, le artiste donne abbiano iniziato a scrivere la loro storia indipendente; di come il totale disinteresse da parte del mercato permise loro di sperimentare in piena libertà.

Testimonia Francesca Cataldi: “La profonda ingiustizia che subivamo all’epoca si rivelò in realtà una grande opportunità e, da una prospettiva storica, fu la nostra fortuna”.

In Italia fu Mirella Bentivoglio ad accendere i riflettori su questa discriminazione generalizzata raccogliendo, in una rassegna curata per la Biennale di Venezia del 1978, oltre 80 artiste provenienti da tutto il mondo che lavoravano tra linguaggio e immagine.
Spiega Bentivoglio nel catalogo: “Smaterializzata in passato nella sublimità astratta della sua pubblica immagine, parallela alla sua pubblica assenza; privatamente confinata nel contatto quotidiano e esclusivo con le materie, la donna oggi pone tutta sé stessa in un mondo derealizzato nei meccanismi ripetitivi. Le nuove forme di poesia sono la riappropriazione di ciò che lei, insieme con l’uomo, ha elaborato dalle sedi primarie dell’esistenza, il linguaggio”.
“Materializzazione del linguaggio”, questo era il titolo della storica mostra del ‘78, non fu un caso isolato. Già dai primi anni ’70, e successivamente per oltre 30 anni, Mirella Bentivoglio curò esposizioni dedicate alle donne.

Historie d’E, titolo preso in prestito ad una sua mostra londinese del 1988, vuole, a oltre trent’anni di distanza, rendere omaggio a questa grande artista e curatrice italiana.
Il progetto è articolato in due mostre: la prima, “Between language and image”, presenta lavori di Poesia Concreta, di Poesia Visiva e documenta le sperimentazioni di visualizzazione del suono; la seconda invece, “Between language and object”, pone l’accento sulla ricerca e la sperimentazione tridimensionale, scultorea, raggiunta da queste donne attraverso un processo catartico di sdoganamento della dimensione domestica “che fu per molti secoli il loro regno e la loro prigione” (M. Bentivoglio)

ARTISTE: Marilla Battilana, Mirella Bentivoglio, Tomaso Binga, Betty Danon, Chiara Diamantini, Anna Esposito, Amelia Etlinger, Fernanda Fedi, Elly Nagaoka, Giustina Prestento, Greta Schödl, Chima Sunada, Anna Torelli

ROMA: Spazio indipendente Lettera_E dal 15/9  al 15/10/2021


ATENE: Gramma_Epsilon dal 30/9 al 25/11/2021

Archivi ribelli

La galleria brasiliana Mendes Wood DM inaugura il secondo progetto espositivo nella sede italiana di Villa Era a Biella. Sono in mostra i lavori di 5 artiste Mirella Bentivoglio, Nedda Guidi, Clemen Parrocchetti, Anna Bella Geiger e Rosana Paulino.


Il filo conduttore spiega Sofia Gotti, giovane curatrice milanese, docente di storia dell’arte contemporanea all’università di Cambridge, è l’utilizzo dell’archivio come strumento attivo del fare arte. Questo concetto, che è stato enucleato da Marco Scotini, era una pratica diffusa dagli anni ’70, attraverso la quale si creava una rete di scambio che favoriva non solo la promozione artistica ma lo stesso momento creativo. Molto prima cioè della “rete” telematica, la rete “postale” dava risultati che ancora oggi ci sorprendono. Al di là del filone della “mail art”, che meriterebbe un approfondimento specifico, è interessante constatare come artiste differenti sviluppassero in modo parallelo tematiche simili e come questioni come il rapporto con la natura fossero al centro di sperimentazioni metalinguistiche.
Sottolinea Franca Zoccoli, storica dell’arte protagonista di quel periodo, come all’epoca, le parole “ecologia” e “questione ambientale” fossero praticamente sconosciute. In tal senso infatti il lavoro di Mirella Bentivoglio esposto in questa mostra, “Addio agli alberi” del 1970, testimonia il ruolo profetico dell’artista che attraverso la sua sensibilità, prevede e denuncia la necessità di recuperare un sano rapporto con la Natura. Questa urgenza presente in maniera sottile in molti lavori di Nedda Guidi, diviene palese nelle sue “tavole di campionatura”. L’artista umbra infatti predilige l’uso di colori naturali che ottiene utilizzando terre da lei stessa raccolte in giro, studiate e catalogate. Un lavoro concettuale dove l’ambiente naturale è in un certo senso punto di partenza e di arrivo allo stesso tempo, dove l’artista, demiurgo, supera il dualismo tra Natura naturans e Natura naturata.
Dalla questione ambientale alla questione di genere. Ecco un altro punto di collegamento tra le 5 artiste esposte, che a vario titolo si sono occupate di rivendicazioni e lotte per le pari opportunità sin dagli anni ’70. Al di là dell’impegno profuso per tutta la vita dalla Bentivoglio per sostenere le donne artiste (iniziato a metà degli anni ’70 con una serie di mostre al femminile e culminato con la grossa donazione di oltre 450 opere al Mart nel 2014) anche Clemen Parrocchetti nel gruppo Immagine, Nedda Guidi nella cooperativa Beato Angelico, come le due artiste brasiliane Rosana Paulino e Anna Bella Geiger hanno avuto un ruolo fondamentale nella lotta e nella denuncia della discriminazione che fosse in base al sesso o in base alla razza. La loro testimonianza è decisiva nella riconferma del ruolo sociale dell’arte che oggi più che mai, deve fungere da monito e campanello d’allarme super partes, riportando l’attenzione su questioni e problematiche non più procrastinabili.

Basta Buste

La nuova personale di Oreste Baldini si erge come manifesto, potente e primordiale, nel panorama di un’arte coniugata a verbo denunciante, riflessivo, provocatorio: BASTABUSTE non è solo un titolo ma un appello, una richiesta, un monito. Il mondo vive cambiamenti significativi, sperimenta la costrizione e affronta una natura che rivendica ciò che l’uomo ha tentato di assoggettare.
Siamo a un passo dalla crisi ecologica globale permanente e ci scopriamo animali messi in gabbia, costretti nella psiche e nella fisicità più violenta a lottare, inermi, come pesce incastrato in plastica e soffocato, inconsapevole, dalla mancanza di una via d’uscita.
Ma è qui l’effetto salvifico dell’arte, della creatività messa a servizio dell’umano: lo squarcio della tela che offusca vista e respiro, il polmone che si tende e si gonfia, avido, di aria e presenza, riappropriandosi dello scorcio essenziale che si tramuta in essere, in rivelazione, in immersione acquatica e cosciente.
Si compie la missione divina dell’artista che si fa portatore di messaggio e traghetta l’osservatore nella profondità di anima e mare, nell’abisso dove la tensione si scioglie, sensuale e di fenomeno, nella purificazione delle acque
e del pensiero.
Quadri e sculture si confessano, l’interiorità umana si disvela, l’uomo ritorna Icona e rinasce, nel guizzo del metallo eterno che vince la plastica.
Antonella Giannaccaro

Oreste Baldini BASTA BUSTE al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia

E_come Enzo

Il 4 marzo Enzo avrebbe compiuto 64 anni, abbiamo deciso di festeggiarlo con una piccola mostra degli artisti a lui più vicini negli anni della galleria di Via di Monserrato.  Contemporaneamente abbiamo anche deciso di realizzare un progetto a Enzo molto caro, la pubblicazione di “Non rimase nessuna”, racconto da lui scritto nell’estate del 1996 durante un viaggio a Palermo in occasione del compleanno di Francesco P.  Il breve racconto narra di 3 donne, Tavoletta Mattia, Di Netti Vincenza e La Branca Consiglia, e del loro peregrinare per la città alla ricerca della bellezza. L’andamento è quello di una ballata in versi liberi dove la narrazione scorre veloce suggerendo atmosfere e sensazioni e, in perfetto stile “mazzarelliano”, si conclude con la morte delle tre protagoniste.

E_come Enzo a cura di Paolo Cortese e Francesco Romano Petillo
dal 4 al 21 marzo 2021
spazio indipendente LETTERA_E
Via Muzio Attendolo, 14 (00176) Roma
info +39 3939677822
(naturalmente nel rispetto della vigente normativa ANTICOVID)

GLI ARTISTI: PAOLO BIELLI, AURELIO BULZATTI, ALESSANDRO COSTA, LUCIA CRISCI, RICCARDO DE ANTONIS, MARILU’ EUSTACHIO, LINO FRONGIA, NEDDA GUIDI, MARINA HAAS, GIANCARLO LIMONI, FEDERICA LUZZI, ELISA MONTESSORI, ELLY NAGAOKA, LAURA PALMIERI, ELENA PINZUTI, ASCANIO RENDA, EROS RENZETTI, ANNAMARIA SACCONI

LO SPAZIO: Con questo evento inaugura LETTERA_E, un nuovo spazio indipendente al Pigneto in Via Muzio Attendolo 14. La lettera “E” racchiude in sé due aspetti fondanti della cultura: l’essere, il definire, e il mettere in connessione, il collegare. Secondo queste due direttive si articolerà il programma espositivo che avrà un riguardo particolare per l’arte al femminile, il settore verbo-visivo, il libro oggetto e più in generale per alcuni artisti della seconda parte del ‘900 trascurati del mercato perché non “uniformati”.

ENZO (Vincenzo Mazzarella) (Deliceto 1957 Roma 2018) è stato un attore, performer, poeta e gallerista pugliese di nascita ma romano d’adozione. Considerato uno dei massimi esperti della ceramica italiana del ‘900, negli anni ‘80 aveva fondato la Galleria dei Serpenti, fulcro della riscoperta di molti artisti del ‘900 quali Achille Funi, Leoncillo, Mazzacurati e Andrea Spadini. Negli ultimi 20 anni la sua galleria in Via di Monserrato era diventato un punto di incontro per artisti, critici, collezionisti ed esponenti del mondo dell’arte e della cultura romana.

A casa mia avevo 3 sedie

In corner ho visitato all’EXMA di Cagliari (chiude l’11 Ottobre 2020), la mostra personale di Maria Jole Serreli “A casa mia avevo tre sedie”, una mostra site specific curata da Simona Campus. Un interessante percorso che ricostruisce le stanze della casa-studio di Marrubiu (OR) che Serreli ha ereditato da una prozia e trasformato in luogo di sperimentazionee e dialogo artistico. Ho conosciuto Jole a Nuoro in occasione della sua personale al MancaSpazio curata da Chiara Manca e ho subito apprezzato il suo lavoro così familiare ma al tempo stesso raffinato. Un gioco di equilibri dove la memoria e la coscienza e del valore della tradizioni si mischiano con la necessità di aderire a nuovi linguaggi per costruire nuovi ricordi.

Frammenti di Puglia

Sabato 11 luglio 2020 alle ore 18 presso il Museo Diocesano di Nardò “Mons. Aldo Garzia” si inaugura la mostra Harold Miller Null, Frammenti di puglia, a cura di Paolo Cortese e Rocco Marino.
Oggetto di questa mostra è un corpus di circa 40 foto di medio formato, scattate in Puglia e gran in parte inedite, che documentano l’interesse e l’amore del lavoro del fotografo americano per questa splendida regione.
Null vive tra Roma e l’Umbria dove trascorre gli ultimi anni della sua vita, ma frequenti sono i suoi viaggi in giro per l’Italia, in particolare nella Pianura Padana dove è attratto dall’atmosfera misteriosa del Po e in Puglia dove fotografa paesaggi intimistici della valle d’Itria, particolari architettonici delle cattedrali romaniche di Lecce, Troia, Trani, Barletta, Bitonto e Canosa.
La vocazione artistica di Null si esprime nell’elezione di un campo di ricerca poco consueto, forse più congeniale alla sensibilità e al gusto dei pittori minimalisti che a quello dei fotografi suoi contemporanei: il suo obiettivo non cerca panorami maestosi né scorci suggestivi, rifugge anzi da ogni aspetto di grandiosità, di imponenza o, comunque, di facile impatto e trascura spesso persino l’elemento umano.
Harald Miller Null è un fotografo americano nato a Filladelfia nel 1916 che, dagli anni ‘50 fino alla sua morte avvenuta nel 1996, ha vissuto principalmente in Italia.
Negli anni ’60 le sue prime mostre personali suscitano all’estero e in Italia un ampio consenso di pubblico e di critica.

“trasognante epicureismo naturalistico, amante di rare e delicate solitudini” (Riccardo Bacchelli).

“Fotografo contemplativo, statico, sempre elegante” la cui “musa non è epica, ma lirica” (Vittorio Sgarbi)

Le Parole che ho detto

Dal 7 al 17 Marzo 2020 Mancaspazio ospita una personale di Antonio Del Donno, curata da Chiara Manca e Paolo Cortese. Si tratta di una serie di lavori su carta, alcuni degli anni ’70, in gran parte inediti.

L’artista beneventino, legato alla Pop Art americana e al concettualismo italiano, realizza opere che offrono al vasto pubblico una serie di messaggi immediatamente leggibili, sintetici, quasi imperativi.

Nelle sue opere è sempre presente una propaganda contro il consumismo e la superficialità, attraverso le parole dei Vangeli, che prima prima in forma di libro in legno e poi su carta, caratterizzano la sua poetica dagli anni Settanta.

Del Donno non ha mai esposto in Sardegna, sembrava pertanto doveroso omaggiare anche nell’Isola un artista così significativo per il panorama artistico nazionale ed internazionale, le cui opere oggi sono esposte in permanente ad esempio, nella Sala Contemporanea dei Musei Vaticani, al Los Angeles Country Museum, al Museo Espanolo de Arte Contemporaneo di Madrid, alla Biblioteca Centrale Nazionale di Firenze, al Museum of Modern Art di New York e Oxford e alla Columbia University solo per citarne alcuni.

La mostra è stata realizzata in collaborazione con l’Archivio Antonio Del Donno e il suo Direttore Alberto Molinari, è curata da Chiara Manca e Paolo Cortese, il catalogo è stato realizzato da Sara Manca con fotografie di Nelly Dietzel e le traduzioni in inglese dei testi di Shahrazad Hassan.