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BOOKS AS ART

I LIBRI, LE ARTSTE

Giovedì 5 dicembre alle ore 18.00 si inaugura la mostra Books As Art. I libri, le artiste, terzo capitolo del progetto pluriennale promosso dal MUACC, Museo delle arti e delle culture contemporanee dell’Università degli Studi di Cagliari, in collaborazione con la Galleria Gramma_Epsilon di Atene. Un progetto che, nella sua articolazione complessiva, contribuisce a “restituire” alla storia culturale del XX e del XXI secolo le ricerche artistiche delle donne, per secoli tenute ai margini del sistema culturale, in un orizzonte di istanze divenute ineludibili nel panorama internazionale degli studi e per l’attuale dibattito storico-critico.

Dopo le due monografiche dedicate a Franca Sonnino e Francesca Cataldi, Books As Art. I libri, Le artiste si configura come una grande mostra collettiva nella quale vengono presentate settanta opere, di oltre cinquanta artiste, tutte in forma di libro.

Il libro riveste, infatti, un’importanza centrale nella ricerca artistica delle donne, a partire almeno dalla seminale esposizione Materializzazione del linguaggio, curata da Mirella Bentivoglio e tenutasi nell’ambito della 38a Biennale di Venezia del 1978. Nella terminologia istituita da Bentivoglio a partire da quella mostra e attraverso le successive, numerose, iniziative curate nel corso degli anni Ottanta e Novanta, la forma e il significato del libro uniscono due universi, centrali, peraltro, nello sviluppo di tutto il suo pensiero estetico: quello del Logos, il linguaggio, e quello di Mater, la materia. Due contrapposte ma complementari dimensioni, che si fondono in singolari, comunicative e, talvolta, silenziose testimonianze poetiche. Laddove Mater racchiude, inoltre, etimologicamente, la necessità di asserire un’idea antiretorica della maternità e della femminilità.

Raccogliendo quell’eredità, Books As Art. I libri, le artiste indaga il libro o, meglio, i libri – delle artiste – nella loro dimensione concettuale e materica, e in tutte le molteplici, possibili declinazioni. Libri editi in esemplari limitati, sperimentali, che prevedono nella bidimensionalità della pagina l’ibridazione con il design e con la fotografia; libri-oggetto, tridimensionali e polimaterici; libri che recano con sé l’incontro armonico di segni e culture differenti; libri costruiti con i fili, che sono i fili di un discorso coerente eppure sempre diverso, in continua evoluzione. Libri che si fanno strumento di connessione e contaminazione tra codice verbale e codice visivo. Libri come pratica della differenza, captanti, che legano con immediatezza il mondo del pensiero, della parola e dell’immagine alla sfera dell’esistenza.

Si snoda, lungo il percorso espositivo, un ricco palinsesto di piccoli-grandi capolavori, che muove dalla fine degli anni Sessanta e i primissimi anni Settanta – al 1971 data In Principio Erat, di Ketty La Rocca, le cui immagini sono linguaggio fotografico e performativo insieme – per giungere alla più stretta contemporaneità. Molte delle opere sono fondative di un alfabeto teso a spezzare i lacci e le insidie del patriarcato, come Tempo presente, di Tomaso Binga, del 1977. Alcune furono in mostra a Venezia, nel 1978: è il caso di Leviatan, libro-scultura di Gisella Meo, e Iperipotenusa di Lia Drei. Del 1978 è il Libro scalpo di Maria Lai, elaborato a partire dal Volume-oggetto, anch’esso esposto in “Materializzazione del Linguaggio”. Del 1991 è Imago Imago, straordinario libro di Lucia Marcucci, pioniera della Poesia Visiva, rappresentata anche dal quasi coevo Afasia (1992). Altre opere, più recenti, testimoniano la vitalità delle ricerche delle autrici storiche lungo il corso del tempo, come nel caso di Francesca Cataldi e Franca Sonnino, che tornano entrambe al MUACC, Sonnino con Il Libro della Guerra, datato 2024, emblematicamente riferito al drammatico scenario internazionale dei nostri giorni. Le autrici storiche sono messe a confronto con le artiste delle più recenti generazioni e di differenti nazionalità – tra loro Astra Papachristodoulou, Maria Jole Serreli, Giulia Spernazza – esponenti dell’area concettuale, verbo-visiva e della fiber art, che continuano a esplorare, da differenti punti di vista e coerentemente con le proprie scelte di poetica, le infinite potenzialità del libro come forma di relazione, come presa di posizione e rivendicazione. Una rivendicazione di libertà, prima di tutto.

Books as Art dopo una prima tappa alla galleria Gramma_Epsilon di Atene nel 2023 e viene ora presentata in un’edizione ampliata e rinnovata, appositamente studiata per il museo universitario di Cagliari. Per i due momenti espositivi Maria Jole Serreli ha elaborato due inedite azioni performative: la performance dedicata all’edizione cagliaritana ha accompagnato la presentazione in anteprima della mostra nell’ambito del Festival Pazza Idea.

Tutte le esperienze di Books as Art saranno raccolte un unico catalogo, pubblicato in Italiano e Inglese.

Artiste:

Marilla Battilana, Mirella Bentivoglio, Tomaso Binga, Irma Blank, Anna Boschi, Francesca Cataldi, Betty Danon, Chiara Diamantini, Neide Dias de Sá, Lia Drei, Anna Esposito, Fernanda Fedi, Ileana Florescu, Coco Gordon, Elisabetta Gut, Marianna Karava, Susanne Kessler, Maria Lai, Rosanna Lancia, Liliana Landi, Ketty La Rocca, Carolina Lombardi, Virginia Lorenzetti, Sara Lovari, Lucia Marcucci, Gisella Meo, Patrizia Molinari, Aurèlia Muñoz, Elly Nagaoka, Riri Negri, Francesca Nicchi, Giulia Niccolai, Antonietta Orsatti, Luana Perilli, Astra Papachrisodoulou, Renata Prunas, Betty Radin, Franca Rovigatti, Anna Maria Sacconi, Giovanna Sandri, Alba Savoi, Marilena Scavizzi, Evelina Schatz, Greta Schödl, Maria Jole Serreli, Franca Sonnino, Giulia Spernazza, Chima Sunada, Dora Tass, Salette Tavares, Anna Torelli, Anna Uncini.

INFO

MUACC Museo universitario delle arti e delle culture contemporanee

Via Santa Croce 63, Cagliari

+39 070 675 5330

muacc.info@unica.it

Ig: @museomuacc

Fb: Museo MUACC

Orari di apertura: Mercoledì – Giovedì – Venerdì h. 10.00-18.00

Mirella Bentivoglio “L’altra faccia della luna”

MIRELLA BENTIVOGLIO. L’ALTRA FACCIA DELLA LUNA 8/3/2022- 10/5/2022

a cura di Davide Mariani e Paolo Cortese

Bussate (ai sogni) e vi sarà aperto…

(Mirella Bentivoglio)

La mostra “L’altra faccia della luna”, organizzata dall’Ambasciata d’Italia ad Atene, dall’Istituto Italiano di Cultura di Atene e dalla Galleria Gramma_Epsilon, in collaborazione con l’Archivio Mirella Bentivoglio, rappresenta la prima retrospettiva dedicata a Mirella Bentivoglio (Klagenfurt 1922 – Roma 2017) in Grecia e nasce con l’intento di rendere omaggio all’opera della grande artista italiana nell’anno del centenario della sua nascita.

Curata da Paolo Cortese e Davide Mariani e allestita nelle due sedi dell’Istituto Italiano di Cultura e della Galleria Gramma_Epsilon, la rassegna mette in luce la complessità e la profondità della sua poetica, attraverso l’esposizione di oltre cinquanta opere, foto, video e bozzetti che permettono di apprezzare i momenti più rilevanti della sua carriera artistica e curatoriale, stimolando riflessioni e dialoghi su argomenti oggi più che mai attuali.

Dalla poesia concreta alla poesia visiva.

La mostra ripercorre le tappe che hanno scandito l’itinerario artistico e biografico di Mirella Bentivoglio, a partire dalle sperimentazioni portate avanti tra gli anni Sessanta e Settanta, quando l’artista si muove dapprima nell’ambito della “poesia concreta”, in cui il senso è veicolato dalla forma della composizione di lettere e parole, come testimoniano i lavori Storia del monumento (realizzato con Annalisa Alloatti nel 1968), e Gabbia HO (1966-70)  e Successo (1969) e poi in quello della “poesia visiva”, caratterizzato dall’introduzione di slogan ed elementi della cultura pop, come il celeberrimo Ti amo (1970).

In diversi lavori di quegli stessi anni l’artista indaga molteplici aspetti della società, come il consumismo, a cui rivolge una critica diretta e sferzante, che si può rinvenire in opere quali Il consumatore consumato (1974) o Il cuore della consumatrice ubbidiente (1975), una acutissima interpretazione di uno dei loghi più emblematici del consumismo, quello della coca cola. «Notai che mettere specularmente le due ‘c’ unendole a formare un cuore – ed erano già pronte per la loro stessa forma a formare un cuore (io non ho cambiato nulla) –, l’ ‘oca’ veniva fuori da sé» afferma Bentivoglio in una delle sue ultime interviste in cui identifica nella “donna-oca” la principale alleata del consumismo.

La mostra documenta inoltre i principali interventi ambientali, realizzati sempre a partire dalla metà degli anni Settanta, come L’Ovo di Gubbio (1976), Poesia all’albero (1976), E=congiunzione: Scontro frontale, Incastro immobilizzante (1978-81), Una “E” di “E” (1979-1981), Operazione Orfeo (1982) e Libro campo (Agri-cultura, 1998). Si tratta di opere con una forte connotazione simbolica e identitaria capaci di creare inediti rapporti di senso con il paesaggio circostante.

I segni del femminile.

Tra le numerose questioni affrontate dall’artista, quelle di genere rivestono certamente un ruolo di primo piano, come si evince da diverse opere in mostra, tra cui DIVA/NO (1971), Lapide alla casalinga (1974), La cancellata (1977-98) o Il libro è una conchiglia (1993). In queste opere Bentivoglio intende affermare la possibilità, non scontata, di emancipazione della figura femminile, in quanto, come lei stessa ricorda: «c’era una abitudine a considerare la donna presente nel fenomeno estetico solo come casalinga; la scienziata veniva presa in considerazione, non l’artista».

Se nell’immaginario collettivo la donna era colei che tesseva e accudiva la famiglia, una sorta di angelo del focolare, per Bentivoglio questa concezione andava ribaltata, attraverso la rivendicazione di un nuovo ruolo nella società.

Emblematica, a tal proposito, è la scritta riportata nella raffigurazione di una t-shirt nell’opera Correzione (promozione linguistica del cucito, 1988) in cui si legge “niente/abbiate paura, sono una donna”.

HISTOIRE D’E part 2 “between language and object”

A Roma e ad Atene si svolge in contemporanea Histoire d’E, mostra curata da Paolo Cortese e Francesco Romano Petillo, che vuole rendere omaggio a Mirella Bentivoglio nel suo duplice ruolo di curatrice e artista..

Histoire d’E narra storie di donne, di amicizie, di legami e di separazioni. Racconta di come negli anni ‘70, le artiste donne abbiano iniziato a scrivere la loro storia indipendente; di come il totale disinteresse da parte del mercato permise loro di sperimentare in piena libertà.

Testimonia Francesca Cataldi: “La profonda ingiustizia che subivamo all’epoca si rivelò in realtà una grande opportunità e, da una prospettiva storica, fu la nostra fortuna”.

In Italia fu Mirella Bentivoglio ad accendere i riflettori su questa discriminazione generalizzata raccogliendo, in una rassegna curata per la Biennale di Venezia del 1978, oltre 80 artiste provenienti da tutto il mondo che lavoravano tra linguaggio e immagine.
Spiega Bentivoglio nel catalogo: “Smaterializzata in passato nella sublimità astratta della sua pubblica immagine, parallela alla sua pubblica assenza; privatamente confinata nel contatto quotidiano e esclusivo con le materie, la donna oggi pone tutta sé stessa in un mondo derealizzato nei meccanismi ripetitivi. Le nuove forme di poesia sono la riappropriazione di ciò che lei, insieme con l’uomo, ha elaborato dalle sedi primarie dell’esistenza, il linguaggio”.
“Materializzazione del linguaggio”, questo era il titolo della storica mostra del ‘78, non fu un caso isolato. Già dai primi anni ’70, e successivamente per oltre 30 anni, Mirella Bentivoglio curò esposizioni dedicate alle donne.

Historie d’E, titolo preso in prestito ad una sua mostra londinese del 1988, vuole, a oltre trent’anni di distanza, rendere omaggio a questa grande artista e curatrice italiana.
Il progetto è articolato in due mostre: la prima, “Between language and image”, presenta lavori di Poesia Concreta, di Poesia Visiva e documenta le sperimentazioni di visualizzazione del suono; la seconda invece, “Between language and object”, pone l’accento sulla ricerca e la sperimentazione tridimensionale, scultorea, raggiunta da queste donne attraverso un processo catartico di sdoganamento della dimensione domestica “che fu per molti secoli il loro regno e la loro prigione” (M. Bentivoglio)

ARTISTE: Mirella Bentivoglio, Francesca Cataldi, Nedda Guidi, Elisabetta Gut, Maria Lai, Rosanna Lancia, Gisella Meo, Patrizia Molinari, Renata Prunas, Anna Maria Sacconi, Alba Savoi, Maria Jole Serreli, Franca Coen Sonnino

ROMA: Spazio indipendente Lettera_E dal 10/12/2021  al 10/01/2022


ATENE: Gramma_Epsilon dal 30/11/2021 al 12/02/2022

Histoire d’E – part 1

Between language and image

A Roma e ad Atene si svolge in contemporanea Histoire d’E, mostra curata da Paolo Cortese e Francesco Romano Petillo, che vuole rendere omaggio a Mirella Bentivoglio nel suo duplice ruolo di curatrice e artista..

Histoire d’E narra storie di donne, di amicizie, di legami e di separazioni. Racconta di come negli anni ‘70, le artiste donne abbiano iniziato a scrivere la loro storia indipendente; di come il totale disinteresse da parte del mercato permise loro di sperimentare in piena libertà.

Testimonia Francesca Cataldi: “La profonda ingiustizia che subivamo all’epoca si rivelò in realtà una grande opportunità e, da una prospettiva storica, fu la nostra fortuna”.

In Italia fu Mirella Bentivoglio ad accendere i riflettori su questa discriminazione generalizzata raccogliendo, in una rassegna curata per la Biennale di Venezia del 1978, oltre 80 artiste provenienti da tutto il mondo che lavoravano tra linguaggio e immagine.
Spiega Bentivoglio nel catalogo: “Smaterializzata in passato nella sublimità astratta della sua pubblica immagine, parallela alla sua pubblica assenza; privatamente confinata nel contatto quotidiano e esclusivo con le materie, la donna oggi pone tutta sé stessa in un mondo derealizzato nei meccanismi ripetitivi. Le nuove forme di poesia sono la riappropriazione di ciò che lei, insieme con l’uomo, ha elaborato dalle sedi primarie dell’esistenza, il linguaggio”.
“Materializzazione del linguaggio”, questo era il titolo della storica mostra del ‘78, non fu un caso isolato. Già dai primi anni ’70, e successivamente per oltre 30 anni, Mirella Bentivoglio curò esposizioni dedicate alle donne.

Historie d’E, titolo preso in prestito ad una sua mostra londinese del 1988, vuole, a oltre trent’anni di distanza, rendere omaggio a questa grande artista e curatrice italiana.
Il progetto è articolato in due mostre: la prima, “Between language and image”, presenta lavori di Poesia Concreta, di Poesia Visiva e documenta le sperimentazioni di visualizzazione del suono; la seconda invece, “Between language and object”, pone l’accento sulla ricerca e la sperimentazione tridimensionale, scultorea, raggiunta da queste donne attraverso un processo catartico di sdoganamento della dimensione domestica “che fu per molti secoli il loro regno e la loro prigione” (M. Bentivoglio)

ARTISTE: Marilla Battilana, Mirella Bentivoglio, Tomaso Binga, Betty Danon, Chiara Diamantini, Anna Esposito, Amelia Etlinger, Fernanda Fedi, Elly Nagaoka, Giustina Prestento, Greta Schödl, Chima Sunada, Anna Torelli

ROMA: Spazio indipendente Lettera_E dal 15/9  al 15/10/2021


ATENE: Gramma_Epsilon dal 30/9 al 25/11/2021

Archivi ribelli

La galleria brasiliana Mendes Wood DM inaugura il secondo progetto espositivo nella sede italiana di Villa Era a Biella. Sono in mostra i lavori di 5 artiste Mirella Bentivoglio, Nedda Guidi, Clemen Parrocchetti, Anna Bella Geiger e Rosana Paulino.


Il filo conduttore spiega Sofia Gotti, giovane curatrice milanese, docente di storia dell’arte contemporanea all’università di Cambridge, è l’utilizzo dell’archivio come strumento attivo del fare arte. Questo concetto, che è stato enucleato da Marco Scotini, era una pratica diffusa dagli anni ’70, attraverso la quale si creava una rete di scambio che favoriva non solo la promozione artistica ma lo stesso momento creativo. Molto prima cioè della “rete” telematica, la rete “postale” dava risultati che ancora oggi ci sorprendono. Al di là del filone della “mail art”, che meriterebbe un approfondimento specifico, è interessante constatare come artiste differenti sviluppassero in modo parallelo tematiche simili e come questioni come il rapporto con la natura fossero al centro di sperimentazioni metalinguistiche.
Sottolinea Franca Zoccoli, storica dell’arte protagonista di quel periodo, come all’epoca, le parole “ecologia” e “questione ambientale” fossero praticamente sconosciute. In tal senso infatti il lavoro di Mirella Bentivoglio esposto in questa mostra, “Addio agli alberi” del 1970, testimonia il ruolo profetico dell’artista che attraverso la sua sensibilità, prevede e denuncia la necessità di recuperare un sano rapporto con la Natura. Questa urgenza presente in maniera sottile in molti lavori di Nedda Guidi, diviene palese nelle sue “tavole di campionatura”. L’artista umbra infatti predilige l’uso di colori naturali che ottiene utilizzando terre da lei stessa raccolte in giro, studiate e catalogate. Un lavoro concettuale dove l’ambiente naturale è in un certo senso punto di partenza e di arrivo allo stesso tempo, dove l’artista, demiurgo, supera il dualismo tra Natura naturans e Natura naturata.
Dalla questione ambientale alla questione di genere. Ecco un altro punto di collegamento tra le 5 artiste esposte, che a vario titolo si sono occupate di rivendicazioni e lotte per le pari opportunità sin dagli anni ’70. Al di là dell’impegno profuso per tutta la vita dalla Bentivoglio per sostenere le donne artiste (iniziato a metà degli anni ’70 con una serie di mostre al femminile e culminato con la grossa donazione di oltre 450 opere al Mart nel 2014) anche Clemen Parrocchetti nel gruppo Immagine, Nedda Guidi nella cooperativa Beato Angelico, come le due artiste brasiliane Rosana Paulino e Anna Bella Geiger hanno avuto un ruolo fondamentale nella lotta e nella denuncia della discriminazione che fosse in base al sesso o in base alla razza. La loro testimonianza è decisiva nella riconferma del ruolo sociale dell’arte che oggi più che mai, deve fungere da monito e campanello d’allarme super partes, riportando l’attenzione su questioni e problematiche non più procrastinabili.

Basta Buste

La nuova personale di Oreste Baldini si erge come manifesto, potente e primordiale, nel panorama di un’arte coniugata a verbo denunciante, riflessivo, provocatorio: BASTABUSTE non è solo un titolo ma un appello, una richiesta, un monito. Il mondo vive cambiamenti significativi, sperimenta la costrizione e affronta una natura che rivendica ciò che l’uomo ha tentato di assoggettare.
Siamo a un passo dalla crisi ecologica globale permanente e ci scopriamo animali messi in gabbia, costretti nella psiche e nella fisicità più violenta a lottare, inermi, come pesce incastrato in plastica e soffocato, inconsapevole, dalla mancanza di una via d’uscita.
Ma è qui l’effetto salvifico dell’arte, della creatività messa a servizio dell’umano: lo squarcio della tela che offusca vista e respiro, il polmone che si tende e si gonfia, avido, di aria e presenza, riappropriandosi dello scorcio essenziale che si tramuta in essere, in rivelazione, in immersione acquatica e cosciente.
Si compie la missione divina dell’artista che si fa portatore di messaggio e traghetta l’osservatore nella profondità di anima e mare, nell’abisso dove la tensione si scioglie, sensuale e di fenomeno, nella purificazione delle acque
e del pensiero.
Quadri e sculture si confessano, l’interiorità umana si disvela, l’uomo ritorna Icona e rinasce, nel guizzo del metallo eterno che vince la plastica.
Antonella Giannaccaro

Oreste Baldini BASTA BUSTE al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia

A proposito di E

Le strutture simboliche della Bentivoglio nascono strettamente dalla pratica di simbolizzazione del linguaggio e dalle sue implicanze di correlazioni semiologiche.
“A livello grafico” precisa Mirella, “le E sono nate nel ’73. E = congiunzione è un testo di quell’anno con una struttura labirintica formata da “E” congiunte. Dal ’77 ho cominciato a usare le E in tre dimensioni; e dal ’78 in grande misura con proposte di inserimento nel contesto urbano. (…) La E è il rapporto, la pluralità. “O” è “Oppure”. “E” è “Anche”. L’uovo è l’alternativa femminista, le E sono il risultato di un rapporto aperto e paritetico, tra tutto ciò che è complementare”. La “E” è la prosecuzione “liberata” della H, che nel mio mondo di segni rappresentava la chiusura, la biforcazione e il dividendo, il logos come sistema auto funzionante. In HO (Io ho) le H erano tante, e formavano una gabbia; la O era sola. Le E sono tante, come erano le H, ma non formano gabbie”.