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ELISABETTA GUT

Il mio rapporto con Elisabetta Gut si consolida in occasione della sua personale Semi e Segni alla galleria Cortese & Lisanti, curata da Mirella Bentivoglio nel 2009. L’anno successivo è invitata sempre da Mirella Bentivoglio a partecipare con due opere alla mostra Venti libristi, importante rassegna dedicata al libro-oggetto.

Libro foglia, 1990
La natura è incorreggibile, 1990

Altro momento significativo del nostro sodalizio è indubbiamente la mostra Threading Spaces, da me curata nel 2019 presso la galleria londinese Repetto, grazie alla quale Elisabetta Gut espone in Inghilterra per la prima volta. Da allora mi occupo dei progetti a lei dedicati per conto di Repetto Gallery e ne curo il profilo Instagram.

Personale di Elisabetta Gut, Galleria “Il Carpine”, Roma, 1967

“In giovinezza ha percorso tutti i gradini di una preparazione artistica vera e propria, con precisione professionale, per poi legarsi con fortuna ai gruppi dei nuovi poeti sperimentatori. E ha fatto questa scelta pur avendo tutte le strade aperte nel mondo delle arti strettamente visive; stimata da artisti come Lucio Fontana e da critici rigorosi come Nello Ponente, ha preso la sua decisione in totale fedeltà a sé stessa. Nella mescolanza dei codici, ossia nell’uso congiunto di segno scrittorio e immagine, ha ritrovato, dell’infanzia, la libertà da ogni schema, la freschezza immediata delle prime intuizioni culturali dell’uomo e della storia pervase di natura.”

Mirella Bentivoglio in Semi e segni, 2009

Donna che salta la sedia, 1982
Arabesque, 1986

Elisabetta Gut nasce a Roma nel 1934 ma trascorre l’infanzia a Zurigo. A Roma frequenta l’Istituto d’Arte e, dopo una prima esperienza pittorica di impronta post-cubista e poi informale, si avvicina alle neoavanguardie verbovisive che si andavano formando in ambienti letterari. Così inizia a sperimentare il rapporto tra immagine e scrittura, elaborando collages e assemblages nei quali inserisce frammenti scritturali ed elementi vegetali.

Note sfumate, 1983

“Negazione e affermazione per quest’artista si identificano. Fu la prima ad usare il filo come segno di cancellazione e di scrittura musicale, pentagramma e insieme corda per vibrazioni inudibili. Ed è proprio la sua scontrosità a garantire la sua intensità. Il difficile, in operazioni che, come questa, riprendono un’iconografia largamente connotata come poetica, è la capacità di sottrarla ad ogni poeticismo predisposto, per riacquisire, grazie al magistero della fantasia, una freschezza nativa dentro le strutture stesse della cultura.”

Mirella Bentivoglio in Plume de Poète, 1989