(Roma 1934-2024)
Il mio rapporto con Elisabetta Gut si consolida in occasione della sua personale Semi e Segni alla galleria Cortese & Lisanti, curata da Mirella Bentivoglio nel 2009. L’anno successivo è invitata sempre da Mirella Bentivoglio a partecipare con due opere alla mostra Venti libristi, importante rassegna dedicata al libro-oggetto.
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Presente nelle principali mostre collettive da me curate negli ultimi anni a Gramma_Epsilon di Atene, dopo la sua morte mi sto occupando del suo archivio.
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“In giovinezza ha percorso tutti i gradini di una preparazione artistica vera e propria, con precisione professionale, per poi legarsi con fortuna ai gruppi dei nuovi poeti sperimentatori. E ha fatto questa scelta pur avendo tutte le strade aperte nel mondo delle arti strettamente visive; stimata da artisti come Lucio Fontana e da critici rigorosi come Nello Ponente, ha preso la sua decisione in totale fedeltà a sé stessa. Nella mescolanza dei codici, ossia nell’uso congiunto di segno scrittorio e immagine, ha ritrovato, dell’infanzia, la libertà da ogni schema, la freschezza immediata delle prime intuizioni culturali dell’uomo e della storia pervase di natura.”
Mirella Bentivoglio in Semi e segni, 2009
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Elisabetta Gut (Roma 1934-2024) trascorre l’infanzia a Zurigo. Tornata a Roma dopo la guerra, frequenta l’Istituto d’Arte e, dopo una prima esperienza pittorica di impronta post-cubista e poi informale, si avvicina alle neoavanguardie verbovisive che si andavano formando in ambienti letterari. Così inizia a sperimentare il rapporto tra immagine e scrittura, elaborando collages e assemblages nei quali inserisce frammenti scritturali ed elementi vegetali.
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“Negazione e affermazione per quest’artista si identificano. Fu la prima ad usare il filo come segno di cancellazione e di scrittura musicale, pentagramma e insieme corda per vibrazioni inudibili. Ed è proprio la sua scontrosità a garantire la sua intensità. Il difficile, in operazioni che, come questa, riprendono un’iconografia largamente connotata come poetica, è la capacità di sottrarla ad ogni poeticismo predisposto, per riacquisire, grazie al magistero della fantasia, una freschezza nativa dentro le strutture stesse della cultura.”
Mirella Bentivoglio in Plume de Poète, 1989